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  • Immagine del redattoreDario

Lontano dalla mente e vicino al cuore

📚 Negli anni, mi sono ritrovato ad essere quello che normalmente si chiama un "insegnante" in varie forme ed incarnazioni. Insegnante per bambini, insegnante per adulti, insegnante di scuola, assistente universitario, formatore, addestratore e tutor. Eppure, ho un'istintiva repulsione per la parole "insegnante". In parte perché mi porta alla mente tutte quelle cattive abitudini che ho accumulato in conseguenza dell'essere in una posizione di autorità culturale - quelli che gli inglesi chiamano “teachery behaviours" (comportamenti da maestrino). Il motivo principale per cui non ho una gran considerazione del termine "insegnante" è che in tanti anni di insegnamento, una delle cose che ho fatto di meno è stato insegnare. Perché molto raramente c'è bisogno di insegnare qualcosa a qualcuno. Men che mai ai bambini. Tutti impariamo, ma nella maggior parte dei casi senza il bisogno che nessuno ci insegni niente. In realtà, le cose che ci insegnano sono spesso quelle che più difficilmente impariamo.

🏫 Gli insegnanti giocano un ruolo unico nella società. Non soltano perché vengono loro affidati i bambini di tutti. Ma anche perché sono gli unici professionisti che i bambini osservano a lavoro. D'altra parte, il lavoro dei propri genitori rimane soltanto qualcosa di cui sentono parlare, ma non vedono direttamente.

📑 E' così che molti di noi, da studenti, ci rendiamo conto di quanto sia difficile trasmettere informazioni, emozioni, attitudini ed approcci.

Informare, comunicare, dimostrare ed ispirare sono cose molto diverse. Mi è capitato di incontrare insegnanti incredibili in grado di destreggiarsi con naturalezza tra queste arti distinte. La cosa più interessante, secondo me, è che raramente queste persone "insegnano". La loro grandezza consiste nel creare le condizioni affinché l'apprendimento avvenga, sia fuori che dentro al corpo dell'allievo.


Da eterno studente, sono quotidianamente rimodellato dalle cose che imparo. E sono fortemente indebitato ai miei insegnanti. A quelli che ho incontrato di persona, e a quelli che ho conosciuto soltanto tramite i loro insegnamenti.


🔍 Personalmente, non so esattamente cosa mi ha portato a diventare, e in qualche modo ancora essere visto come, un insegnante.

Inizialmente pensavo che la cosa che mi piacesse dell'insegnamento fosse la condivisione. Poi mi convinsi che ciò che rendeva insegnare irresistibile era la possibilità di osservare il processo dell'apprendimento.


🏃‍♂️ Mi sbagliavo. La ragione per cui amo "insegnare" è perché mi riavvicina al bambino che c'è in me, al mio "io" bambino.

Passare del tempo interagendo con giovani e giovanissimi è una delle esperienze più energizzanti che un adulto possa fare. Nei bambini e negli adolescenti c'è una voglia di fare, un'autenticità, un desiderio di essere valorizzati, capiti, ascoltati e che gli si dia fiducia. Un urgenza a ribellarsi e a mettere in discussione. Uno strabordante interesse nella vita e nei suoi milioni di sfumature, una voglia di essere abbastanza liberi da riuscire a tentare l'intentato. I giovanissimi attraversano così tanti cambiamenti diversi, ciascuno con il suo spettro di luci ed ombre, eppure con leggerezza e serietà non disilluse.


🌱 Man mano che invecchio (e non divento nemmeno un po' più saggio) posso godermi i vantaggi di essere adulto - per esempio non mi si chiede di sprecare il mio tempo seduto ad un banco, a fare quel che gli altri ordinano (che, se vogliamo dirla tutta, è un qualcosa che non dovremmo chiedere nemmeno ai bambini, ma questa è un'altra storia). Però crescendo si corre sempre il rischio di abituarsi alla vita. Le persone com eme, che sono quasi patologicamente attratte da ciò che è sconosciuto in tutte le sue forme, provano ad evitare questa abitudine facendosi catturare da molte più cose di quelle che le nostre menti e i nostri corpi riescono a gestire. (L'unico modo di amare è amare tante cose - scrisse Van Gogh.)

Essere circondato da bambini e ragazzini ha lo stesso effetto. Mi ricorda che da qualche parte, nelle profondità di me, sono ancora il me stesso bambino (e a volte bambinesco). Un po' più disilluso e cinico, ma con lo stesso impeto, energia, bisogno di ribellarmi e fuoco interiore di sempre. Con il tempo, ho osservato che seppure trasmettere informazioni ed ispirare giovani menti sia stimolante e divertente, crea soltanto una leggera dipendenza.

💭 La parte dell'interazione con i giovani che da veramente dipendenza è chieder loro delle loro vite e dei loro sogni, idee e opinioni, desideri e paure.

La gran parte delle risposte possono apparire superficiali e scontate, molte sono cose che ho già pensato o sentito mille volte. Eppure non mi stancano mai. Perché sono come le canzoni degli uccelli: lontane dalla mente ma vicine al mio cuore. Ho ricordi bellissimi di ore passate in classe, in laboratorio, in capo, nei boschi o sull'autobus parlando liberamente con giovani studenti. Senza nessuna intenzione di insegnargli niente, né di dargli nessun consiglio. Soltanto con la voglia di ascoltare.

Queste occasioni hanno il sapore di tutte quelle cose che erano così vive nella mia infanzia: la fame di essere ascoltato, visto; la tensioni tra il ribellarsi e l'essere affascinato dal mondo degli adulti; l'arroganza, la schiettezza, la dolcezza, la sentimentalità, il sentirsi perso e libero al tempo stesso.


🚪 La connessione con la parte più giovane di me è, per me, una porta verso il sé più ancestrale: quello della savana e della foresta, quello animale, la mente non civilizzata, che brucia pur essendo ferma. Poche esperienze hanno la stessa potenza: i ritiri di meditazione, le camminate nei boschi, le scalate di montagna, raccogliere una radice o un frutto.


🤸‍ ️Il pensiero dei bambini e degli adolescenti è complesso, e ricco di diversità - come il margine di una foresta. E possiamo imparare tanto da esso. Vivendolo, osservandolo, sentendolo, confrontandovici. Mi avvicina a ciò che sono sia come individuo che come essere umano. E' l'interfaccia tra la natura e la cultura. Ha il suono del mistero - questo grande mistero nato selvatico e morto nella civiltà.



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